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Tu, stanco cuor mio ora riposerai,
l'ultima illusione che io credevo eterna,
è morta, Sento fortemente che non solo
la speranza è spenta, ma anche il desiderio
delle care illusioni è spento.
E riposa per sempre. Assai
palpitasti. Nessuna cosa terrena
Vale i tuoi sentimenti, i tuoi sogni,
ne la terra è degna dei tuoi sospiri.
La vita amara e noiosa non è altro
Che nulla, è il mondo è fango.
Ormai fermati. Non sperare più
Il fato ha donato
Agli uomini soltanto il morire.
Ormai tu odia te stesso, la natura,
il brutto potere il quale, invisibilmente governa
il male a danno degli uomini.
E odia l'infinita vanità del tutto.

COMMENTO
“A se stesso” è la quarta poesia del ciclo di “Aspasia”. E` certamente la poesia più
drammatica e dolorosa di tutto il ciclo. Il Leopardi vi esprime tutto il suo intenso
dolore per la bella Fannj Targioni Tozzetti. E` la poesia del non ritorno all'amore
vissuta in prima persona. Di li a poco partirà per Napoli, dove scriverà l'ultima poesia
del ciclo per la bella Fannj, dal titolo ASPASIA. Il poeta, in balia della sua
disperazione coinvolge tutto il mondo e si rivolge al dio del male, il quale di
nascosto domina il male sulla Terra.

Tema: Il brevissimo componimento a se stesso, fu scritto da Leopardi nel maggio 1833. Il testo fa parte dei Canti e più precisamente del Ciclo di Aspasia, nella terza fase della poesia leopardiana (1831-37). Aspasia è lo pseudonimo che Leopardi dà a Fanny Targioni Tozzetti, donna di cui è innamorato ma che però non ricambia i suoi sentimenti.
Il tema trattato è quello della disillusione nei confronti dell’esistenza umana. Si capta dal testo un invito disperato da parte dell’io lirico a non illudersi più che esista sulla terra qualcosa (o qualcuno) che sia ancora degno di essere amato.
Il poeta si rivolge direttamente al suo cuore dicendogli di riposarsi per sempre, egli sente dentro di se che il desiderio di piacevoli illusioni e di speranze si è esaurito. Al genere umano la natura non ha concesso altro che la morte.
Rappresenta la sintesi della penultima fase di Leopardi. Stilisticamente è spoglia, essenziale, senza sentimento.
Il testo può essere diviso in sequenze che vanno dal v. 1 al v. 5, dal v. 6 al v. 10 e dal v. 11 al v. 16. Il motivo che accomuna l’inizio di ogni sequenza è il riposo del cuore del poeta, che rimanda al tema dell’abbandono di ogni illusione, di ogni speranza.
I versi «Or poserai per sempre,/Stanco mio cor» (vv. 1-2), «Posa per sempre/assai palpitasti» (vv. 6-7), «T’acqueta omai. Dispera/l’ultima volta» hanno una struttura abbastanza simile e, come si vede, propongono con sempre maggior forza il tema del riposo del cuore (si noti l’uso di verbi di forza crescente : «Poserai», «Posa [dunque] »e «T’acqueta omai», con l’ultimo verbo che acquista un senso definitivo).

Forma metrica: Il testo non ha partizione strofica e si presenta in un’unica strofa  di endecasillabi e settenari liberamente alternati e rimati.




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