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Dall'ultima cima (D'in su la vetta) dell’antico campanile (il campanile di Sant'Agostino in Recanati),
O passero solitario, vai cinguettando verso i campi finché non si fa sera
e il suono melodioso si diffonde in questa valle.
Tutto intorno (dintorno) la primavera risplende (brilla)
e si diffonde in tutta la sua pienezza (esulta) per i campi
così che a guardare commuove il cuore degli uomini.
Senti (odi: l'uso della 2° persona singolare è caro a Leopardi) le pecore belare e le mucche muggire,
gli altri uccelli volano lieti nel cielo fanno mille voli (giri: voli che esprimono felicità, libertà e divertimento) gareggiando tra loro,
anch'essi (pur) inneggiando la gioventù e la primavera,
tu O passero assorto in meditazione (pensoso: Leopardi attribuisce atteggiamenti umani al passero), separato dai compagni (in disparte)osservi, non stai con gli altri passeri, non voli,
non ti importa l'allegria, eviti  i divertimenti (spassi);
canti, e così trascorri (trapassi) la primavera e la giovinezza.
Povero me (oimè: esprime tristezza nel constatare la somiglianza), come assomiglia il mio al tuo modo di vivere (al tuo costume)
Del divertimento e delle risate dolce compagnia della giovinezza (della...famiglia) e non mi curo neanche di te amore fratello (germano) della giovinezza. Doloroso rimpianto dell'età matura (de' provetti giorni: causa di rimpianto nella vecchiaia, che non conosce più illusioni)
Non so perché mi comporto così, anzi scappo lontano da loro,
quasi lontano ed estraneo (romito e strano),
al mio paese natale (Recanati), trascorro la giovinezza della vita.
Questa giornata che ormai (omai) lascia il posto (cede) alla sera è uso (si costuma) festeggiare al nostro paese.
Senti (odi: ancora l'uso della 2° persona singolare) nel cielo il suono della campana (squilla)
Senti spesso i colpi dei fucili (ferree canne:alla campana si oppongono le note gravi, cupe dei colpi sparati dai fucili) che rimbombano lontano di borgo in borgo (villa). La gioventù del paese tutta (accresce il senso dell'esclusione) vestita a festa lascia le case
e si riversa per le strade
guarda ed è ammirata e il cuore si rallegra.
Io, da solo andando
in questo luogo isolato della campagna,
rimando (indugio) ad altro momento (senza quindi rinunciarvi,
almeno in linea teorica) ogni divertimento.
Il sole calando ferisce (fere) il mio sguardo
che corre lontano nell’aria limpida (aprica),
e  tramontando sembra avvertirmi
che la gioventù, come il giorno,
sta finendo.
Tu (sottolinea l'opposizione con l'io del v.36 e con l'a me del v.50) uccellino solitario venuto alla sera certamente non avrai motivo di rammaricarti del tuo modo di vivere (costume, già in questo senso al v.18) poiché la natura determina ogni vostro desiderio (Che…vaghezza).
A me (ancora in chiave oppositiva) se non otterrò di evitare la soglia odiosa della vecchiaia (se non morirò prima di essere vecchio - Se…impetro),
quando non più cenni e sguardi ricambiati (quando...core),
non più illusioni sul mondo che ci circonda (a lor fia voto il mondo),
non più speranze nel futuro (e il dì...tetro)
Che penserò (parrà) di tale voglia? (Voglia = Leopardi si riferisce alla propria voglia di solitudine).
Che cosa di questi anni miei (anni giovanili vissuti infelicemente)?, che cosa di me stesso (che volontariamente ho scelto questo modo di vivere. Mi pentirò e sovente mi volgerò indietro con rimpianto.

Tema: La fase del pensiero di Leopardi del cosiddetto “pessimismo cosmico” si avviò con l’ideazione della lirica Il passero solitario. La lirica è imperniata sul parallelismo tra la vita del passero solitario e la vita del poeta. Il paesaggio esterno diventa paesaggio interiore dell’anima.
Tutta la poesia è incentrata su analogie, più o meno palesi, fra il passero solitario e la vita del poeta. L’analogia più evidente è senz’altro l’esclusione dal tempo felice della primavera: come il passero trascorre solitario la stagione più bella, spandendo il suo canto per la campagna, così cantando (scrivendo versi) il poeta passa in solitudine la stagione della sua gioventù. L’armonia errante attraverso la valle è il canto del passero cui si richiama quello del poeta, anch’egli solo e vagabondo per la campagna.
La campagna diventa qui per entrambi il luogo del ritiro, dell’esclusione dalla vita festosa del paese nel clima primaverile. Il movimento del passero e del poeta è quello dell’allontanamento dallo spazio umano, per trovare rifugio in aperta campagna.
Il canto è diviso in tre strofe; la prima e la seconda in cui è posto il confronto fra il passero solitario ed il poeta, la terza che ne sottolinea una diversità. In particolare: 1^strofa: (vv.1 - 15) Descrive il comportamento del passero nel contesto e in rapporto agli altri animali, allo spazio della campagna, nel tempo della primavera che è la festa dell'anno. Non v'è una sorta di mestizia in quel passero, che pure dovrebbe essere il simbolo di un'esistenza dolente. Esso è divinamente solo e signore. Non ha bisogno di spassi, non di compagni. Canta. E quel canto si diffonde ovunque. Esso è il re del cielo; riempie e domina dall'alto tutta la valle. Nella seconda e terza strofa la lirica discende invece ad un tono più raccolto, più meditativo.
2^strofa: (vv.16 - 44) Descrive il comportamento del poeta nel contesto e in rapporto agli altri giovani, allo spazio del paese, nel tempo della giovinezza che è la festa della vita. Le due strofe sono dunque costruite simmetricamente rispetto al contenuto e si rapportano l'una all'altra sulla base di un confronto per uguaglianza ("Oimè, quanto somiglia al tuo costume il mio!)", e per differenza, in rapporto al genere di cui fanno parte (l'umanità, il mondo animale).
3^strofa: (vv.45 - 49)La conclusione finale dei due modi di esistere, del passero e del poeta, sono ancora messi a confronto, ma per disuguaglianza: tu "non ti dorrai", "Ahi, pentirommi"; ovvero: tu vivi secondo la tua natura, io vivo contrariamente alla mia natura.

Forma metrica: Canzone libera di tre stanze rispettivamente di 16, 28 e 15 versi.




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